Diventare Coach
Sempre più spesso m’imbatto in persone che hanno scarsa conoscenza di che cosa sia veramente il Coaching Professionale. Sul web impazza un gran numero di guru depositari di ricette miracolose. Le Scuole di Coaching nascono come funghi e altrettanto velocemente appassiscono. I formatori da palcoscenico (che non sono dei Coach) si sforzano di creare confusione, intuendo nel termine “Coach” nuova energia per il proprio brand già logoro.
Insomma, si tende a dare alla parola “Coach” mille significati e centinaia di applicazioni, per… vendere di più, migliorare la propria comunicazione e sviluppare nuova aggressività commerciale.
Per rispondere a un sempre più crescente interesse sociale, è utile chiarire che il Coaching (quello vero) è un metodo di sviluppo, basato sulla ricerca, la scoperta e la valorizzazione delle potenzialità. Il terreno privilegiato dell’intervento di Coaching è rappresentato dal conseguimento di una visione collocata nel futuro. Il Coaching è un metodo creativo e, soprattutto, generativo.
Un Coach raccoglie una “storia problematica” (lontana da ogni patologia), riconosce le potenzialità, crea un rapporto di fiducia e costruisce un’alleanza di lavoro. Attraverso un rapporto sincero e un clima di fiducia, si concentra su piani d’azione virtuosi atti a produrre “spostamento”, “produzione”, “costruzione” verso il “futuro desiderato” del Cliente (senza anticipare bisogni, modelli o piani d’azione).
L’autonomia decisionale e progettuale del Cliente rimane alla base perché questa genera “motivazione intrinseca”; la felicità e il benessere sono il fine, l’allenamento dell’autoefficacia il viatico per maturare l’indispensabile convinzione di “potercela fare”.
Concludendo, il Coaching è riconosciuto come il metodo del “fare” e non del capire, analizzare, interpretare; è una relazione d’aiuto atipica perché il “potere” è nelle mani del Cliente e la relazione nel suo incedere si sposta da un approccio “umanistico” a quello “performativo”.
Ovviamente l’ingegneria della performance genera piani d’azione concreti atti a conseguire obiettivi specifici, misurabili e realistici. Essi si contrappongono al problema, ai deficit e alle difficoltà all’interno di un preciso equilibrio tra sfida e competenza.
Praticare il (vero) Coaching non è semplice.
Non bastano 100 ore di formazione per diventare Coach… tutto deve rientrare in una strategia di miglioramento più ampia.
Un buon Corso di Coaching, infatti, è solo un punto di partenza per muovere i primi passi all’interno di un mondo, quello dell’aiutare l’altro, denso di variabili e incognite… come ogni attività, come ogni mestiere e come ogni professione.
Esistono scuole di specializzazione alle quali si può accedere solo dopo aver acquisito le competenze di base. Queste offrono percorsi specialistici a chi intende praticare l’attività di Coaching, in via esclusiva, all’interno di aree specifiche come ad esempio il ramo business o il settore sportivo.
Nel Coaching professionale (quello vero) un Coach pone al centro l’individuo e non il denaro, la performance o le varie attività professionali. Evita di cadere nel tranello di “guardare il dito mentre il saggio indica la luna”. Non è giusto confondere il Coaching con la PNL, la psicologia, il mentoring, il tutoraggio, il marketing o la consulenza personale perché le attività differiscono per cultura, contenuti, metodo e approccio relazionale.